In principio furono le nostre mamme, quelle che tagliarono e cucirono i costumi che noi indossavamo nei giorni di Carnevale. Fortunati quelli che, per l’appunto, avevano delle mamme, delle zie, delle nonne che sapevano dove mettere le mani tra tagli di stoffe, passamanerie e nastri colorati. Io sono stata una di questi fortunati. Mia madre, come tutta la mia famiglia materna, amava il Carnevale. Lo amava a tal punto che , per realizzare questo vestitino da “burgisi” di mio fratello, si recò fino a Burgio, dalla signora Emma Ferrantelli , per trovare il tessuto per realizzare le cosiddette “vertule”, cioè le bisacce che si pongono su una spalla di questo personaggio d’altri tempi. Lei non si è mai vestita in maschera. Ma per noi, me e mio fratello, si impegnava giorno e notte.

Non era l’unica. Tante altre mamme lo facevano. Tra quelle che conoscevo, la signora Franca Friscia Lombardo era anche lei un’appassionata di carnevale e ideava costumi bellissimi per la sua adorata figlia, Sara. Quando Sara, da sola o in coppia, usciva a Carnevale, ci volevano occhi a guardarla.

Tutto era perfetto: dalla testa ai piedi, cioè dal copricapo alle scarpette, agli accessori. Ma c’era chi aveva la sarta in casa. Come la signora Anita Favaro Falco, mamma della mia amica Elena. oppure le Signorine Pavia, che ogni anno tiravano fuori per le loro nipoti, maschere originalissime

Con la crescita del Carnevale e con l’avvento dei gruppi mascherati che precedevano i carri, le esigenze cambiano. Siamo negli anni 80 .Si richiedono mani esperte e manodopera più numerosa per rispondere alla richiesta di centinaia di famiglie che hanno i figli inseriti nei gruppi. Per qualche anno si va ancora avanti con l’estro e l’improvvisazione creativa di tanti protagonisti. Le cavalline di “Lu munnu è un circu” videro la collaborazione di un gruppo di genitori che si impegnarono a realizzare code e criniere da inserire nel costume ideato da Angelo Pumilia e realizzato dalla signora Favaro.

Dagli anni 90 in poi entrano nel Carnevale gli stilisti Come Pino Bua e Michele Bono, tanto per ricordarne alcuni. E Giovanni Bilello ai giorni nostri. I costumi si fanno sempre più ricercati. E costano anche di più. Ma il risultato è eccezionale. Subentrano anche gli hair stylists e i make-up artists. Nulla viene lasciato al caso. Chi vuole i figli in un gruppo, deve adeguarsi alle richieste di professionisti, e seguire in tutto e per tutto le loro direttive. Piume e paillettes a profusione. Chi più ne ha, più ne metta.

Si lavora giorno e notte per creare dei veri capolavori di costumi che in sfilata lasciano a bocca aperta per la minuziosità dei ricami e per la ricercatezza dei colori e delle stoffe.

Valentina Recca in “L’ago della bilancia” 2018
Totò Pumilia in “E se fosse tempo perso?” 2018

L’attenzione e la cura quasi maniacale di questi costumi, del trucco e degli accessori non sempre sono immediatamente visualizzati nel corso della sfilata. Per questo, chi ama il Carnevale, per più giorni segue le sfilate, proprio per avere il tempo di ammirare, oltre ai carri, queste magnifiche realizzazioni.

Vito Craparo in “Io non ho paura” 2020

I costumisti di Sciacca hanno ormai raggiunto una professionalità che li allinea non solo agli altri carnevali più blasonati del nostro, ma anche alle sartorie teatrali e dello spettacolo delle grandi città.

Valeria Volpe in “Regeneration. L’arca della salvezza” 2023

Il giro di boa del Carnevale di Sciacca è ormai cosa fatta. Indietro non si torna. Il Carnevale non è più allegorico ma è una festa-spettacolo di cui una componente sono le belle ragazze e i bei ragazzi che indossano costumi sfavillanti e fantasmagorici che esibiscono durante la sfilata. Non ha niente a che vedere con quella ingenua festa popolare cui noi abbiamo partecipato. Ma niente nostalgie. Non è proprio il caso. Come ogni fenomeno sociale, anche la nostra festa si è evoluta e ne prendiamo atto.

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