Una persona intelligente deve sempre affrontare un argomento sforzandosi di vedere e giudicare la realtà da punti di vista diversi, e se del caso anche contraddittori e controcorrente. Spinti da questa convinzione ospitiamo sul nostro Blog una approfondita riflessione pubblicata in un post di facebook dalla nostra concittadina Andreea Cucchiara sulla vicenda del giovane diciannovenne Pietro Morreale, accusato di aver ucciso a Caccamo la diciassettenne fidanzatina Roberta Siragusa.

“ Noto con un certo stupore che in migliaia hanno condiviso e scritto parole pesantissime (ad esempio: mostro, devi morire, ucciditi, satana, augurio
di stupri in carcere) contro quel ragazzo che ha ucciso Roberta Siragusa.

Ora, lasciando un attimo da parte l’ovvietà della necessità di una pena (che i migliori forcaioli del web reclamano come se loro fossero eternamente giusti e quindi immuni da ogni possibile rischio di divenire un giorno loro stessi degli assassini)… è mai possibile che nessuno si dispiaccia umanamente per questo ragazzo? Davvero è soltanto un mostro ed è davvero tutta colpa sua se è arrivato a commettere quel terrificante gesto?

Noi siamo fatti anche e soprattutto di circostanze.
Cosa è venuto a mancare a questo ragazzo? Cosa lo ha spinto e mosso ad un gesto così estremo e senza ritorno? Perché, ricordo a me stessa, un assassino è assassino due volte: per la vittima e per se stesso.
C’è un sistema di recupero e di risocializzazione per questo ragazzo? C’è una speranza per questa persona di redimersi umanamente per il male che ha commesso e col quale dovrà per forza di cose convivere tutta la vita?

Il mio ovviamente non è un tentativo di cercare una giustificazione ma un invito a guardare anche al lato più umano di quelle vicende che ci sembrano così lontane da noi e disumane. Perché vi assicuro che non sono null’altro altro che umanissimi epiloghi di chi rimane “solo” (e parlo di una solitudine emotiva il più delle volte e non già fisica) e va magari in cortocircuito o non so come si dica di preciso.

Io penso e spero che sia possibile una strada per la (ri)educazione sociale es il recupero di questo ragazzo.
Perché oggi dobbiamo interrogarci sugli strumenti non tanto e non solo repressivi (e quindi punitivi, dei quali per forza di cose noi comuni cittadini non abbiamo il controllo) ma anche sugli strumenti preventivi del crimine… rispetto a questi infatti io credo che ciascuno di noi possa dare un contributo, dal più specialistico al più comune (anche passando dallo sport e fino ad arrivare agli scout o ad altre realtà di aggregazione e condivisione).

Perché quando simili fatti – ancora oggi – possono accadere, non dobbiamo sentirci migliori, al contrario: il fallimento non è del solo autore materiale del reato ma anche della società (e ne facciamo parte io e te, sai!) che probabilmente non gli ha offerto delle alternative composte da affetto, ascolto, svago culturale e sportivo, religioso.

Trovare un colpevole di fronte ad un problema è semplicissimo. Ma trovare una soluzione è complicatissimo. Ed è su questo secondo aspetto che occorre anche soffermarsi: non dobbiamo dimenticare di puntare lo sguardo anche sulle cause, sui perché. Non dobbiamo stancarci mai di cercare il “come” si è giunti a quel punto, per poter capire da dove partire per salvare l’insalvabile.

E credetemi, se ad oggi non vi siete macchiati della più grave e spaventosa tra le colpe, probabilmente non è (solo) merito vostro, ma di tutto ciò di cui disponete e dell’uso che riuscite a farne anche grazie a chi vi ha spiegato come impiegare le risorse (umane e non) senza perdere di vista il senso più profondo della vita: amare”.

ANDREEA CUCCHIARA

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