Amare la propria città e mettersi al servizio di essa significa anche aver cara e curarne la memoria e i ricordi del passato, conoscerne antichi usi, tradizioni e bellezze che il tempo ci ha portato via. Per questo il nostro Blog dà spazio oggi ad un bellissimo post pubblico sul gruppo facebook SCIACCA DA AMARE da Enzo Sabella e relativo alla Perriera, che prima di diventare la zona di espansione urbanistica della città era l’area verde dove noi scout andavamo a fare le nostre “uscite” in mezzo alla natura o dove noi ragazzi ci recavamo in bicicletta o con il motorino per giocare le nostre appassionanti partite di calcio su uno spazio in terra battuta che diventava un campetto senza linee bianche e con le due porte segnate da quattro grosse pietre. Ma lasciamo lo spazio che merita ad Enzo Sabella:

“ Ripropongo un mio post del 2020 e lo pubblico in questo Blog per continuare i post “nostalgici” che riguardano Sciacca.
Questa è una rarissima cartolina di Sciacca, in quanto credo sia l’unica in cui si vede ancora la “porta della Perriera”, in alto a destra, al fianco dell’agglomerato di case che in pratica si trovavano (e si trovano ancora, ristrutturate) alla fine di Via Amendola, e dove inizia Via Miraglia. La porta (o arco della Perriera come lo chiamavamo) fu tirata giù scriteriatamente durante i giorni del terremoto del 68, per paura che cadesse. Da quella porta, a destra e a sinistra si nota il muro perimetrale che racchiudeva una gran parte della Perriera. Questo muro da questa porta proseguiva per tutta la lunghezza dell’attuale Via Allende, arrivava in fondo, grosso modo alla curva della Tonnara, da li continuava verso nord raggiungendo la Via Sciascia, per poi girare di nuovo lungo la stessa via fino ad arrivare alla Via Miraglia e da li di nuovo verso la porta della Perriera dove si chiudeva il percorso del muro. Entrando per la porta, c’erano dei posti che per noi ragazzini erano posti magici; immediatamente a destra c’era un bevaio, di fronte al bevaio l’ingresso delle antiche case con le merlature che si vedono ancora salendo la curva dopo il panificio Albino, si entrava in un cortile dove c’erano le stalle e l’abitazione di “Zu Ninu Amennula” e una scuola per sarte. Proseguendo per una decina di metri dopo il bevaio c’erano delle abitazioni e altre stalle, a sinistra un recinto con le capre (“U Zu Vanni Pampinazza”) una piccola porcilaia, a destra proseguendo l’abitazione di “U Zu Peppi Funcia”, poi delle stalle con qualche cavallo, un muretto davanti alle stalle era meta delle nostre più numerose fermate, li si trovavano un melograno e un fico, e noi salivamo sul muretto per raccoglierne i frutti. A sapere poi che anni dopo, durante l’abbattimento del muretto spuntarono un po di bombe a mano del periodo della guerra!! Proseguendo si entrava in quello che noi ragazzi chiamavamo “U locu”, il luogo; una distesa di verde composta da Ulivi, Carrubbi, Mandorli, Piante di Fico, Azzeluori (azzalora), ma sopratutto caccami. Caccamo (in italiano bagolaro), credo che molti ragazzi di oggi non lo conoscono. Era un frutto piccolissimo e dolcissimo che mangiavamo e di cui tenevamo il nocciolo (lo chiamavamo osso), per usarlo assieme al “cannolo”, una specie di cerbottana fatta con la canna che serviva per lanciarsi addosso il nocciolo. Ricordo che facevamo battaglie interminabili a base di caccamo! Proseguendo all’interno del “Locu” si arrivava alla “a casa do Cavaleri”, situata grosso modo di fronte alla nuova chiesa di Via delle Azalee, antica e maestosa costruzione con una meridiana nella facciata, una grande senia (impianto per tirare fuori l’acqua dal sottosuolo per depositarla in una grande vasca) ed un bellissimo palmeto. Fin qui la Perriera “recintata” Nell’altra parte posti indimenticabili, il Tiro a Segno (dove attualmente c’è la caserma dei carabinieri), poi la tappa fondamentale per molti Saccensi fino ai primi anni 70, “la ricotta do Zu Brasi”, il cui caseggiato insiste ancora con l’antica “senia” per l’acqua dietro l’Ipsiam, a turri di Rattiddu”, vicino alla discesa per c.da Foggia, teatro dello “Schiticchiu” del poeta Venezia, in cui parteciparono centinaia di persone minuziosamente descritte nelle pagine iniziali, ciascuno con il proprio soprannome. Poi “u Calannirinu”, (la Villa del Calandrino), anche quì delle vasche enormi con un colonnato bellissimo, proprio di fronte alla Villa, lato C.da Foggia). Di fronte all’ingresso della strada che portava alla Villa del Calandrino, poco prima dell’armeria Rizzuto c’era un’abitazione privata che fungeva da posto telefonico pubblico, nel bel mezzo della campagna!! Ed in bella vista un palo con un cartello rotonde raffigurante il disco telefonico con un telefono stilizzato nero al centro. E poi proseguendo si arrivava a quella che noi chiamavamo “la casa cui pizzi”, ovvero l’ex chiesa della Raccomandata in cui la parte della chiesa contenente l’altare era utilizzata come allevamento di conigli, mentre la canonica (ora ristrutturata insieme alla chiesa) era perfettamente integra con arredi, quadri ed un pianoforte, fino a quando non venne usata come deposito edile durante la costruzione dello stadio, e li evidentemente depredata e devastata. Quella casa era la prova per molti di noi di dimostrare il coraggio. dovevamo andarci di sera entrarci dentro e starci qualche minuto. (pensate che l’ultime casa abitata era il su menzionato posto telefonico, nel mezzo del buio della campagna), la prova consisteva nel resistere agli “spiddi” (Spiriti) che la dentro si trovavano (nella nostra fantasia), per poi poterlo raccontare agli altri, amplificando i racconti con improbabili incontri con qualche fantasma.
Poi nella foto notiamo Gaie di Garaffe ancora con poche case, il costruendo “porto nuovo” il “Mulino Cuore”, all’interno del quale c’era un bellissimo giardino ed una grande vasca con pesci, piante acquatiche e tartarughe, lo Stazzone ancora quasi come era fino ai primi anni 60, e poi la via Lido e San Marco con pochissimi caseggiati rurali sparsi qua e la e tanto, tanto verde”. ENZO SABELLA

Un pensiero su “SCIACCA PUOI SOLO AMARLA: LA PERRIERA, COM’ERA, UN’AVVENTURA DA VIVERE A PORTATA DI MANO”
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