Mi chiamo Vittorio e ho tre anni.

Vivo a Palermo, dove lavorano i miei genitori, ma a ogni fine settimana veniamo a Sciacca, dove vengo a trovare le mie due nonne e l’unico mio nonno. Sono un bambino come tanti, vivace ma ogni tanto anche abbastanza tranquillo. Tranquillo fino a quando non entra in scena quel dispettoso di mio nonno. Lui è scuro e abbronzato come un africano, io somiglio a uno svedese…o meglio a un vikingo, come dice lui…

Mio nonno mi insegna dei giochetti …del tipo “Ti faccio un pistocchio!” “Un pizzicuneddu nculu e ninni curremu” “pizzica pizzica Mariola” “Betta pilusa” ” Acchiana acchiana, scinni scinni”.

Mi stuzzica e mi provoca. Voi capite che per uno come me, educato e alimentato dalle teorie della Scuola Montessori, non è facile calarsi in questo genere di iniziative che spesso si scontrano con la didattica delle mie maestre e con i punti di vista di mia madre.

Con le altre due nipoti femmine che mi hanno preceduto, lui non aveva problemi a dire qualche bugia, a promettere qualcosa che non poteva mantenere, a fare scherzi e burle di ogni tipo. Con me il suo compito è più difficile. -Non si dicono le bugie ai bambini!-Non si fanno promesse che non puoi mantenere! -Non insegnargli a dare pizzicotti!-Non giocare a spintoni!-

Ma mio nonno se ne frega della Montessori e affini. Lui, imperterrito, continua a farmi il pistocchio, e mi coinvolge in tutto quello che fa, alla sua maniera, che poi era anche quella di suo padre e di suo nonno. La campagna, il mare, il lavoro, lo Stazzone, le filastrocche siciliane, tutto quello che lui ama, da adesso, piano, piano, piacciono anche a me, pur con qualche resistenza dovuta, inevitabilmente, alla differenza di età e di mentalità.

Eppure, questo mio nonno dispettoso, che mi abitua a essere un ometto che sa stare al mondo, comincia a mancarmi quando la domenica pomeriggio devo tornarmene a Palermo. E non vi nascondo che mi faccio pure una bella “chianciuta” prima di salire sul mio seggiolino nella macchina di papà.

“Torno sabato, nonno!”

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