Come sciacchitano e responsabile di questo Blog giornalistico intendo esprimere pubblicamente grande soddisfazione e compiacimento per la definitiva assoluzione dell’ex ministro e nostro concittadino Lillo Mannino, nel processo stralcio sulla cosiddetta “trattativa Stato – Mafia”.

Come noto, i supremi giudici della Cassazione hanno infatti dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal Pubblico Ministero di Palermo contro il proscioglimento di Mannino sentenziato in secondo grado dalla Corte di Appello di Palermo nel mese di luglio 2019, che aveva fatto seguito all’assoluzione in primo grado dall’accusa di “minaccia a corpo politico dello Stato”.

Una vicenda giudiziaria lunghissima, durata 30 anni, che l’ex politico democristiano ha affrontato con la determinazione e il coraggio di chi si sa innocente, ma che inevitabilmente ha contribuito ad interrompere il suo brillante percorso politico.

Adesso la sua innocenza non è più semplicemente un’opinione o la convinzione emotiva dei tanti che gli sono rimasti amici, ma una verità giudiziaria, dinanzi alla quale inchinarsi.

Per questo da sciacchitano ne vado fiero, perché Lillo Mannino è stato il personaggio politico non solo più in vista, ma anche di maggior spessore anche intellettuale e di maggior potere che la città di Sciacca abbia avuto nella sua storia.

Lo dico a chiare lettere: a prescindere dall’opinione personale che ciascuno può avere sull’azione politica di Mannino negli anni in cui ha gestito un potere non indifferente a livello regionale e nazionale, da sciacchitano mi sarei oltremodo rammaricato se una conferma giudiziaria dell’accusa di aver partecipato alla trattativa Stato – mafia avesse macchiato l’onorabilità e la storia di un politico il cui nome si è per un certo periodo storico quasi identificato con quello della mia città e grazie al quale Sciacca ebbe una visibilità e un peso specifico di primo piano nel panorama politico regionale e nazionale. Così non è stato e da concittadino di Lillo Mannino me ne rallegro vivamente.

Ma adesso cedo la parola al diretto interessato, con la dichiarazione che ha rilasciato subito dopo la sua definitiva assoluzione:

“La Corte di Cassazione ha posto termine alle esercitazioni di fantasia che l’ossessione persecutoria di alcuni pm ha messo su carta sin dal 1991 in diversi processi nei quali sono stato sempre assolto. Senza retorica, ma con l’emozione del momento, devo sottolineare l’importanza e il valore di questa sentenza che ha riconfermato il verdetto di primo grado e della corte d’appello, quest’ultimo presentato in modo monumentale per precisione, profondità di tutti gli accertamenti e motivazione”. 

“E’ riconosciuta la mia estraneità alla cosiddetta trattativa Stato-mafia – prosegue  Mannino – ma soprattutto è ricostruita la lunga fase della mia vita politica dal 1979 al 1992 che è stata caratterizzata da un impegno di contrasto alla criminalità e dalla piena mia adesione alla linea che lo Stato andava apprestando per affrontare il problema della mafia”.
“Mannino – aggiunge – doveva essere ucciso perché aveva lottato la mafia: questo è il passaggio decisivo della ricostruzione che la sentenza della corte d’appello ha fatto. La resistenza opposta dai magistrati della Procura generale di Palermo è stata priva di consistenza sul piano fattuale e ancor più immotivata se non artificiosa e pretestuosa sul piano del diritto”.

 “In questo momento, – conclude  Mannino – che non può che essere di grande serenità, il mio pensiero di gratitudine va alla memoria del professore Carlo Federico Grosso (il mio legale nel frattempo deceduto) e il mio sentimento carico di affetto va all’avv. Grazia Volo e al suo collaboratore Cristiano Bianchini che sono stati i miei angeli in questa lunga via crucis e lo sono stati anche per la mia famiglia, per mia moglie, mio figlio e adesso per i miei nipoti che potranno andare a testa alta per la vita politica del nonno”.

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