La notizia non poteva, e non deve, passare inosservata: la classifica dei dati di presenze turistiche 2019 (quindi ante pandemia), elaborata dall’Osservatorio Turistico Regionale, pone la nostra bella città di Sciacca al 13° posto tra le 30 più significative città siciliane.  

E’ andato quindi mestamente in soffitta lo slogan, che più o meno giustamente faceva di Sciacca il “terzo polo turistico della Sicilia”, mentre intanto c’è ancora chi da un lato (il Museo Diffuso dei 5 Sensi) è impegnato per risalire in classifica presentando all’esterno la bellezza e la comunità intera di Sciacca come un un luogo ideale per il turista che vuol vivere significative esperienze e chi dall’altro (il Comitato Civico Patrimonio Termale di Sciacca) continua a battersi per far sì che non venga  definitivamente perduto quel prezioso valore aggiunto alla nostra offerta turistica che è rappresentato dalla valorizzazione di un patrimonio termale celebrato sin dall’antichità e che solo una classe politica inetta può far disperdere nel nulla. 

Chi scrive e tanti altri come me, di una generazione che ha ormai i capelli bianchi, un tempo ci avevamo davvero creduto che la nostra città potesse farcela a scalare fino alla vetta quella classifica, ci avevamo davvero creduto al sogno di una Sciacca “primo polo turistico della Sicilia”, con il complesso termale più grande d’Europa.  

Ci avevamo davvero creduto perché il sogno sembrava concretizzarsi in quell’accoppiata pubblico/privato (e che privato!, gli albergatori di Abano Terme, quelli che avevano trasformato il nulla nel più importante centro termale italiano se non d’Europa) che era la SITAS e che avrebbe dovuto realizzare 11 maestosi alberghi termali sul mare, per fare da pionieri nel turismo del benessere in questa città che avrebbe potuto diventare una sorta di California nel Sud Italia. 

E perché mai non avremmo dovuto crederci? Sciacca aveva e ha tutte le carte in regola: il mare, la bellezza straripante del suo impianto urbano e storico che si affaccia a terrazza sul mare e del suo ambiente naturalistico, la storia e i monumenti, due siti archeologici tra i più importanti del mondo a due passi, le grotte vaporose sul Monte Kronio uniche al mondo, le acque termali, la ceramica, il corallo e tanto altro ancora … 

Sciacca a quel tempo era una ridente cittadina, e se paragonati ad essa luoghi come Menfi, Marsala, Mazara, Trapani, Cefalù e via scorrendo (non me ne vogliano…!) erano solo dei paesoni più o meno insignificanti.

Ricorderò sempre le parole rivolte a mio padre dal comm. Mioni, presidente degli albergatori di Abano Terme, a casa mia durante una cena: “ma voi, avete solo una minima idea del tesoro che custodite sotto i vostri piedi? E poi ancora il mare, l’archeologia, i colori e gli odori della Sicilia…!”. 

E chi non ci avrebbe creduto a quel sogno? Chi non avrebbe puntato allo scudetto, e quindi al primo posto in classifica?

Per rimanere in tema di sport ci aveva creduto anche qualcuno che sarebbe poi diventato uno dei più grandi giornalisti sportivi italiani, il direttore non dimenticato della Gazzetta dello Sport, il catanese Candido Cannavò che da inviato speciale a Sciacca del quotidiano La Sicilia titolava su nove colonne: L’ORO BIANCO DI SIACCA.

Ma c’era già allora qualcosa che avrebbe dovuto consigliarci prudenza… farci aprire gli occhi…  ricordarci che i sogni per realizzarsi hanno bisogno di tanti uomini e donne che remino nella stessa direzione, uniti, convinti, coraggiosi.

Per vedere quel qualcosa bastava semplicemente alzare gli occhi verso il Monte Kronio o San Calogero che dir si voglia. Lì, sul costone, a dominare con il suo sguardo immobile il mare e la città sottostante ci stava già una grande opera pubblica incompiuta, il Grande Albergo di San Calogero, quello che sarebbe poi diventato l’incompiuta più vecchia d’Italia, mai aperto al pubblico nonostante due ristrutturazioni, due inaugurazioni e un indennizzo di ulteriori 800 mila euro che la Regione ha dovuto pagare ad un imprenditore privato che avrebbe dovuto gestirlo.

E poi quel qualcosa eravamo noi, tutti noi, gli sciacchitani, allegri e spensieratii, amanti del Carnevale e dello schiticchio, fidi seguaci nel tempo della contesa tra Perollo e Luna.

E ci stava soprattutto la politica , quella con la p minuscola, quella regionale, cittadina e anche territoriale.

Quella in cui di solito vanno avanti i mediocri o quelli intelligenti solo per farsi gli affari propri e per fottere il cosiddetto bene comune, quella dei presidenti di Regione uno peggio dell’altro (Santi Mattarella a quel tempo era già stato tolto di mezzo, ovviamente), quella dei politici bravi, anzi bravissimi a coltivarsi il proprio orticello elettorale e se non te ne ritrovi uno fatto in casa sono guai…, la politica incapace di comprendere che l’unione fa la forza e che il decollo di Sciacca poteva e doveva essere il decollo di un intero territorio o comprensorio che dir si voglia (Caltabellotta, Menfi, Ribera, Santa Margherita di B., Montevago, Sambuca, Cattolica Eracle, Burgio).

E così, cosa succede?

Succede che l’iniziativa SITAS da sogno diventa un gran brutto risveglio sotto forma del più ingente fallimento nella storia della Regione siciliana, certificato da una sentenza del tribunale di Palermo in data 14 dicembre 2008. 

Succede che, mentre luoghi come Menfi, Marsala, Trapani, Mazara del Vallo, tanto per citarne solo alcuni, da paesoni diventano pian piano cittadine ben curate e cominciano a crescere turisticamente grazie anche all’avvento dell’aeroporto di Trapani Birgi, la nostra amata Sciacca comincia a fare la danza del gambero (non a caso… di Sciacca): un passo avanti e due all’indietro.

Essendosi nel frattempo disciolto il gruppo folcloristico di Sciacca, una nuova danza dovevamo pur inventarcela… e allora via con la “danza del gambero”!.

Così mentre la vicina Menfi comincia ad anellare una serie strepitosa di Bandiere Blu del proprio mare (e meno male!), a Sciacca non solo abbiamo ancora le fogne che sfociano a mare ma non riusciamo neanche a far rimuovere un divieto di balneazione sul tratto di mare più vicino alla città (Lido Salus), che quasi certamente non ha più alcuna ragion d’essere ormai da tanti anni. 

E nessuno si permetta di accusarmi di criticare la mia città, se per amore di essa affermo la verità, ossia che è stata proprio la nostra Sciacca a diventare pian piano un paesone come tanti, nel quale la sua naturale e più autentica bellezza viene sistematicamente violata o velata, un paesone di anno in anno sempre meno curato, un paesone nel quale iniziano ad aumentare le porte chiuse (musei, impianti pubblici, piscine, Terme, ecc. ecc.) e le transenne lungo le strade, mentre nelle fontane pubbliche non scorre più l’acqua, tanto per dire le prime cose che vengono in mente.

E quando un amministratore magari più illuminato cerca di cambiare rotta a questa navigazione alla deriva, proponendo la modifica del nome Sciacca in Sciacca Terme, forse per innestare uno scatto d’orgoglio cittadino in nome di un nobile passato e di un possibile sviluppo futuro, cosa ti fa questa nostra amata città? Ti boccia il referendum e fa in modo che l’amministratore in questione non si ricandidi a sindaco.

Ricordo che qualcuno, in quell’occasione, ebbe provocatoriamente a dire, rischiando il pubblico linciaggio, che se il referendum avesse proposto la modifica del nome in “Sciacca città del Carnevale”, l’esito sarebbe stato ben diverso. Con tutto il rispetto per il Carnevale di Sciacca, che è una gran bella festa e manca a tutti noi! 

Ma il peggio doveva ancora arrivare: il complesso termale interamente chiuso ormai da sei anni, invece che rilanciarlo verso il turismo del benessere e ilnostro ORO BIANCO delle acque termali che si perde a mare o di cui si smarrisce la vena nei meandri del sottosuolo. 

Il tredicesimo posto in classifica ha motivazioni profonde, forse gli stessi motivi per i quali un candidato sindaco (non me ne voglia, è persona che sul piano umano e professionale stimo davvero tanto) nel comizio finale della campagna elettorale riesce nell’impresa di non pronunziare neanche una volta le parole turismo e terme: è accaduto davvero, parola di scout, e sicuramente il candidato in questione non l’ha fatto apposta e non se ne sarà neanche reso conto… 

Ma ritorniamo alla notizia, a quel tredicesimo posto che è solo il risultato finale di un campionato durato anni e anni. Ho scritto finora di getto e di cuore, guardando più al passato che al presente, e cerco adesso di rimediare.

Qualcuno (almeno lo si spera) si chiederà: si può ancora risalire in classifica? Che cosa occorre fare?

Sciacca è come una squadra di calcio nobile decaduta, che senza rendersene neanche conto si ritrova in una posizione di classifica del tutto inattesa, financo mortificante.

I presidenti di club di solito in queste situazioni cambiano il mister, che qui sarebbe il Sindaco, tante volte gli va bene e altre volte fanno invece un buco nell’acqua, perché magari il mister avrà pure qualche responsabilità ma i problemi sono molto più profondi e riguardano la stessa compagine presidenziale, che qui sarebbe la città e la sua gente, ovvero tutti noi e ciascuno di noi.

Per una Sciacca città turistica occorrerebbe innanzitutto una sorta di catarsi, un mea- culpa generalizzato e anche liberatoriamente costruttivo, per capire che la responsabilità non è sempre dell’altro, tante volte è anche del singolo cittadino che invece punta il dito contro questo o quell’altro, così come di un’intera cittadinanza che deve riacquistare l’orgoglio di voler davvero il bene di questa città, così come la capacità di sognare in grande, se possibile senza distinzioni e individualismi di sorta, perché per amministrare bene così come per vivere bene una città non occorre alcuna particolare ideologia o alcun partito politico, quanto meno in una situazione del genere.

Occorre invece e sicuramente una profonda, se non radicale, innovazione della classe politica, dirigenziale e amministrativa, che faccia della competenza così come della valorizzazione della bellezza e delle risorse di questa città (si chiama “bene comune”) la propria bandiera di appartenenza politica e civica.

Occorre voler bene a questa città, da parte di chi amministra e da parte di ogni singolo cittadino, iniziando dalle piccole cose, quelle che non ci vogliono finanziamenti per realizzarle.

Se una panchina su un belvedere, accanto al quale passano centinaia di auto al giorno, ha la visuale sul panorama del tutto impedita da un albero che da anni nessuno si cura di potare, allora vuol dire che non c’è attenzione, non c’è cura, non c’è amore. Ci siamo capiti?

E poi occorrono competenza e progettualità, una visione futura di città, un’idea ben definita di quello che Sciacca vuole e può diventare. Non a parole, ma nei fatti e con capacità.

Il cammino che abbiamo davanti come comunità cittadina è lungo e difficile, ma occorre crederci e che qualcuno o più di qualcuno sia disposto a metterci la faccia, disposto anche a “mettersi contro” quella parte di città che potrà continuare a non capire e che non vuole essere disturbata nella propria pigrizia mentale e nei propri interessi più o meno personali. Per quella parte di città basterà l’auspicabile ritorno della festa di Carnevale.

CERCASI SOGNATORI, si potrebbe dire, forse anche un pò Don Chisciotte, ma che provano a fare anche l’impossibile per realizzare i sogni: e se a sognare cominciamo ad essere in tanti, allora forse…  

2 pensiero su “EDITORIALE – SCIACCA CITTA’ TURISTICA: UNA VOLTA TERZO POLO TURISTICO, NEL 2019 TREDICESIMO POSTO IN CLASSIFICA, PER IL FUTURO CI PROVIAMO A REALIZZARE I SOGNI?”
  1. Concordo pienamente con la tua analisi lucida e amara della situazione di Sciacca. Una volta, però, toccato il fondo con i piedi e NON CON LA TESTA, dobbiamo spingere e risalire per riconquistare il posto che la natura e Dio ha assegnato a questa città. Dobbiamo sperare in un futuro migliore con il contributo di tutti, con le braccia e l’intelligenza di ognuno.

  2. Ho letto attentamente il tuo articolo. Mi si stringe il cuore quando penso che la nostra città destinata ad un futuro pieno di grandi traguardi che avrebbero messo in evidenza tutte le sue bellezze naturalistiche, monumentali e storiche, sia caduta così in basso nella classifica della frequenza turistica per l’anno 2019.
    Concordo pienamente che la responsabilità di tale stato è oltre che della classe politica anche di ognuno di noi . La burocrazia vuole che tutto stia fermo e che tante cose importanti di Sciacca vengano man mano ad estinguersi per avere meno responsabilità. Sciacca poco alla volta è stata amputata di ogni cosa che poteva essere una attrazione turistica . Ma possiamo ancora salvare il salvabile.

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