Adesso la vicenda politico-amministrativa di Sciacca assume i connotati teatrali del thriller e nei panni di che deve decidere se e quando usare la pistola ancora fumante, che il consiglio comunale ha già utilizzato contro sé stesso, ci si ritrova il presidente dello stesso consiglio comunale, Pasquale Montalbano, che delle maggioranza Valenti (anzi ex maggioranza, adesso minoranza) fa parte, ma che per il ruolo che ricopre potrebbe o dovrebbe (secondo i punti di vista…) consentire che l’organo consiliare da lui presieduto voti la mozione di sfiducia a Francesca Valenti negli ultimi sussulti di vita, prima che arrivi il decreto di scioglimento.

Ma andiamo con ordine.

Stamattina all’indirizzo pec della presidenza del consiglio comunale è arrivata la mozione di sfiducia presentata da dieci consiglieri comunali nei confronti dell’amministrazione Valenti, iniziativa del tutto conseguenziale a quanto accaduto l’altra sera in consiglio comunale, ossia la mancata approvazione del rendiconto finanziario 2019 che di per sé comporterà lo scioglimento del consiglio comunale da parte della Regione, mentre il Sindaco e la sua giunta rimarrebbero in carica sino alla fine del mandato quinquennale. 

I firmatari della mozione di sfiducia sono i nove consiglieri comunali del centro-destra (Calogero Bono, Giuseppe Milioti, Pasquale Bentivegna, Lorenzo Maglienti, Salvatore Monte, Gaetano Cognata, Silvio Caracappa, Carmela Santangelo, Cinzia Deliberto) cui si è aggiunto Paolo Mandracchia, ex assessore della giunta Valenti, che nella votazione sul rendiconto finanziario si era astenuto consentendo così di fatto ai NO di prevalere.

Quindi sono 10 i firmatari della mozione di sfiducia, che per raggiungere lo scopo di mandare a casa l’amministrazione Valenti deve essere trattata in consiglio comunale prima che arrivi il decreto regionale di scioglimento e deve raccogliere l’adesione di altri 5 consiglieri comunali, che potrebbero anche trovarsi tra chi la mozione non l’ha presentata ma sa comunque che il consiglio comunale tra pochi giorni sarà sciolto e in più occasioni ha manifestato il proprio dissenso politico nei confronti dell’operato dell’amministrazione (i Cinquestelle Bilello e Curreri, Termine di Mizzica e i tre cusumaniani Guardino, Russo e Ambrogio).

Adesso quindi la patata bollente passa nelle mani di Pasquale Montalbano, presidente dell’organo consiliare in procinto di scioglimento, che per legge deve convocare il consiglio comunale tra un minimo di 10 giorni e un massimo di 30 giorni dopo la presentazione della mozione di sfiducia.

Se lo farà all’undicesimo giorno il consiglio comunale dovrebbe essere ancora in carica e quindi un probabile esito positivo della mozione determinerebbe la decadenza della giunta Valenti e nuove elezioni amministrative.

Se invece il presidente Montalbano convocherà il consiglio comunale alla scadenza del termine dei 30 giorni, allora potrebbe essere probabile che nel frattempo sia arrivato il decreto di scioglimento e in quel caso la giunta Valenti rimarrà in carica (senza consiglio comunale) sino alla fine del proprio mandato (salva la possibilità di dimissioni del tutto volontarie). 

Il presidente Montalbano è quindi chiamato a una scelta tra l’esercitare il proprio ruolo in modo del tutto istituzionale e quindi facendosi garante delle ragioni dell’opposizione, oppure tener conto del proprio posizionamento politico e quindi tentare da parte sua di lanciare un possibile salvagente alla giunta Valenti, salvagente che per svolgere la sua concreta funzione dovrebbe peraltro essere accompagnato da un decreto regionale di scioglimento che arrivi alla segreteria comunale prima dello scadere dei fatidici 30 giorni.

Insomma, da oggi assistiamo a un vero e proprio thriller, nel quale una vittima c’è già: una città caduta nel degrado più assoluto, vittima di una politica che non riesce più ad agire per il bene comune.

Qui di seguito il testo articolato e approfonditamente motivato della mozione di sfiducia, ai cui contenuti facciamo rinvio per il lettore che ne sia interessato.

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