Lo conobbi una sera più di venti anni fa, quando con uno zaino sulle spalle suonai il campanello della Missione Speranza e Carità in Via Archirafi a Palermo. Mi ci avevano mandato i miei capi scout del campo di formazione associativa a cui stavo partecipando, per fare quello che noi scout chiamiamo “hike di spiritualità”, ossia una esperienza che ti offre l’occasione di approfondire il senso di te stesso. Mi condussero da lui, mi presentai e mi disse di accomodarmi per la notte con il mio sacco a pelo all’interno del primo piano di un prefabbricato di cui, ancora oggi, ricordo gli scricchiolii del pavimento. Il giorno dopo lo vidi di buon mattino già immerso in quelle che poi in seguito avrei compreso essere le sue mille mansioni: era lui il riferimento, di tutto e per tutti, in quella allora ancor piccola cattedrale della Carità. Non gli sfuggiva nulla, neanche la mia presenza silenziosa e, non appena le incombenze della prima mattinata si allentarono, mi fece cenno di entrare con lui nella piccolissima chiesetta della Missione. Ed è lì che cominciai a conoscere davvero Fratel Biagio. Mi raccontò della sua vita e della sua “chiamata” quando era un giovane benestante… del suo viaggio a piedi fino ad Assisi… dei suoi genitori che lo avevano dato per scomparso… del suo ritorno a Palermo e della decisione di “occupare” quell’immobile abbandonato di via Archirafi per ospitarvi gli ultimi ormai privi anche della speranza, della sua scelta di essere un missionario laico né frate né sacerdote, dello sguardo inizialmente sospettoso delle gerarchie ecclesiastiche, della carità della gente e della provvidenza divina a cui la Missione giornalmente si affidava.

Quel racconto l’ho poi risentito tante e tante volte, sempre uguale semplicemente perché vero, ogni qualvolta sono andato da Biagio Conte con i miei ragazzi scout e con la mia comunità capi di educatori scout. In quella stessa chiesetta, nella quale per la prima volta lui mi aveva donato la storia di sé stesso, a distanza di anni alcuni di quei ragazzi vollero poi prendere la loro Partenza scout.

Lui ci accoglieva sempre a braccia aperte, con quel sorriso contagioso che si sprigionava dai suoi occhi azzurri, che mi apparivano come le luci della Speranza e della Carità.

Da quella sera di oltre venti anni addietro la Missione Speranza e Carità di Biagio Conte è diventata nel corso del tempo qualcosa di enorme a Palermo, quasi un’industria con una catena di montaggio umana che non produce profitto, ma solidarietà e speranza evangelica. E il motore di tutto è stato lui, fratel Biagio, con la sua caparbietà, con il suo coraggio, con la sua fede sconfinata nella provvidenza, con la sua fiducia nell’uomo, con il suo non essere mai di parte e solo dalla parte di Dio.

Ci mancherai, mi mancherai, angelo dei poveri sulla strada della santità. Buona Strada Fratel Biagio…

Ritratto di Biagio Conte, opera di Lucia Stefanetti
Un pensiero su “QUEI SUOI OCCHI, LUCI DI SPERANZA E CARITÀ”
  1. Oggi ho riguardato e riguardato i suoi occhi …
    Occhi che non si chiuderanno mai , che mai finiranno di donare speranza è carità ,che mai finiranno di abbagliare di luce coloro che li fisseranno anche solo per un attimo..ma sopratutto non snetteranno mai di infondere coraggio e Amore a tutti i fratelli e le sorelle on dificoltà .Grazie Fratel Biagio ❤️🙏🌹

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