“Non avevi paura di morire?” “No, tanto ero morta lo stesso”

Vi hanno dedicato alcuni mesi, vivendo esperienze che consentissero loro di saperne di più, confrontandosi tra di loro, facendosi una opinione e alla fine scrivendo un documento con il quale comunicare all’esterno quanto hanno vissuto e compreso e alla fine quel che ne pensano adesso sull’argomento.

Questa particolare attività di conoscenza e approfondimento di una determinata tematica, tipica della vita scout, si chiama “CAPITOLO” e quello che hanno chiesto al nostro giornale è di comunicare all’esterno il contenuto del loro “capitolo” intitolato: “Immigrazione: migranti di serie A e migranti di serie B, storie di fughe e accoglienza”. Loro sono gli scout del Clan/ Fuoco “Il guerriero della luce”, composto dai Rover e dalle Scolte del gruppo AGESCI Sciacca 1.

Così si legge nella parte introduttiva:

“Siamo ragazzi e ragazze dai 16 ai 21 anni, il nostro Clan/Fuoco ha un po’ il compito di essere una sorta di palestra in cui completare la nostra educazione scout, affinché possiamo imparare a compiere le nostre scelte consapevolmente, per essere cittadini attivi del mondo. Uno strumento importantissimo che utilizziamo è il Capitolo, ovvero una complessa attività dalla forte valenza politica, che ha l’obiettivo di educare le coscienze e formare persone libere di pensare in modo autonomo e animate da spirito critico. È un momento formativo che si basa sullo scambio di idee e opinioni, che ci aiuta a capire le realtà del mondo in cui viviamo con lo scopo finale di “lasciare un segno”. Quest’anno abbiamo deciso di trattare un tema delicato, quello dell’emigrazione, inizialmente poiché scossi dal conflitto in Ucraina. Avevamo pensato a tutti gli ucraini che fuggono sugli autobus fin qui da noi a causa del conflitto con la Russia, ma è stato interessandoci a questo aspetto che abbiamo potuto poi aprire meglio gli occhi su realtà ancora più vicine a noi, soprattutto noi siciliani, realtà che tante volte dimentichiamo, perché alla sofferenza si cerca sempre di rispondere con un “anestetico”. La Sicilia, infatti, è piena di centri di accoglienza, è l’approdo, è la seconda vera terraferma per i migranti africani e del MedioOriente, è qui che tutti i migranti, dopo la fuga, ricominciano a respirare una nuova vita, migliore di quella precedente”.

Scrivono ancora gli R/S dello Sciacca 1, nell’ introduzione:

“È difficile cercare di trasmettere alcune emozioni, a volte non basta raccontarle, poiché le parole non uguaglieranno mai la vita reale, gli attimi, le sensazioni, la paura, la salvezza. Eppure le parole sono l’unico tramite tra noi e loro. Tra le nostre storie e le loro. Tra una sponda del mare e l’altra. Tra noi e tutti quegli uomini, donne e bambini che cercano di attraversare il mare, alla ricerca di una terra che possa diventare Casa”.

Le esperienze, che li hanno aiutati a capire meglio, questi ragazzi scout le hanno vissute facendo servizio a Sciacca presso l’associazione PAIDEIA con bambini immigrati, andando a trovare un’emigrata dell’Ucraina in una famiglia ospite di Santa Margherita Belice e infine presso il centro sociale per l’integrazione Acuarinto a Comitini, dove ci si occupa di famiglie e giovani singoli immigrati.

Prima di lasciare il lettore interessato alla lettura del contenuto di questo documento così significativo ed educativamente importante (link alla fine), riportiamo una parte delle sue conclusioni, tanto semplice quanto efficace:

“ Annalisa aveva un collega straniero sul lavoro, lo chiamava Jimmy, gli si rivolgeva spesso con sufficienza, fino a quando lui non le disse:

“Senti Annalisa, di che colore ce l’hai tu il sangue?”

Rosso

“Anche io ce l’ho rosso”

Annalisa si è interrotta e a tutti noi, scout e bambini di Comitini, seduti in cerchio attorno a lei, ha chiesto: “sapete qual è il significato di questo?”

A rispondere è stato Mattia, aveva negli occhi la luce di chi ha intuito qualcosa di sconvolgente e ci ha rivelato la verità più scontata del mondo: “Che se tu hai il sangue rosso, e lui ha il sangue rosso, allora vuol dire che avete lo stesso sangue”.

Proviamo a non dimenticarcene”.

 

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