Un’amica di ServireSciacca, nostra concittadina, in quarantena perché positiva al Covid, ha scritto oggi su facebook il seguente post che contiene un vero e proprio atto di accusa contro il nostro servizio sanitario e la sua assistenza ai contagiati Covid.

Ci sembra doveroso riprenderlo e pubblicarlo sulla nostra pagina.

“Quando il caso ti fa beccare il covid, perché questo è: pura casualità!: nel mio caso 3 dosi, vita sociale quasi a zero, mascherina sempre e comunque, costante igienizzazione delle mani etc.

Solo allora capisci che si sta male per tanti motivi.

  1. Si sta male, in primis, per la malattia: febbre, tosse forte, mal di gola, dolori sparsi, grande debolezza, assenza di gusto e olfatto…
    Vorrei precisare che non solo l’unica, con 3 dosi, a stare parecchio male, anche se la versione ufficiale è “un leggero raffreddore” (la fiducia si perde quando si comincia a capire che esistono verità da dire e altre che è meglio tacere nella comunicazione pubblica e politica): mi sono confrontata con altri amici e conoscenti nella mia stessa situazione. Ad alcuni è venuta una forma lieve, ad altri una più seria. Alcuni non hanno un solo sintomo. La reazione è molto soggettiva. Se si cominciasse a riportare anche il dato di noi vaccinati, delle nostre condizioni, forse la gente starebbe più attenta. Del resto, una descrizione reale delle cose non farebbe perdere fiducia nei vaccini, anzi ..meno male che siamo vaccinati perché, senza, sarebbe andata molto peggio.
  2. Si sta male per l’isolamento. Anche le persone “calme”, introverse come me, soffrono nel non avere gli affetti accanto, specie quando le condizioni di salute non sono buone, specie quando sai che gli affetti sono preoccupati per te.
    A riguardo, vorrei anche dire una cosa bella: ho ricevuto un numero di telefonate e whatsapp enorme, tale da farmi sentire fortunata. In tanti mi avete detto “se hai bisogno di qualcosa…” Grazie, per fortuna non ho bisogno di nulla perché la mia famiglia è (miracolosamente) negativa, quindi mi lascia tutto il necessario (e magari di più) fuori dalla porta.
  3. Si sta soprattutto male per il modo in cui lo stato ti prende per il culo. Questo è.
    In 2 anni di pandemia, non è stato organizzato un servizio, non dico buono, ma almeno dignitoso, di supporto.
    I vaccini sono l’arma più importante ma non basta: i dati dimostrano che la gente si ammala comunque e va curata, va aiutata.
    In 6 giorni di isolamento, io non ho visto un solo tizio dell’asp (o affini). Ho chiamato 100 volte e non ti dicono nulla. Normalmente il telefono squilla a vuoto. Non sai neppure se sei guarita o meno perché non ti fanno i tamponi. Non è colpa loro. La risposta, di solito, è che ci sono troppi positivi e pochissime persone che girano di casa in casa. Resti persino con il dubbio che non abbiano dato comunicazione al posto di lavoro. Oltre che con la tua immondizia che nessuno ritira.
    Cerchi di smuovere il mondo, di chiamare ogni numero che trovi sul web, ma la risposta è sempre uguale: non sanno nulla. Non sanno neppure se le disposizioni sono cambiate perché cambiano prima di essere recepite, e comprese.
    Infine, ti consoli dicendo che poteva finire anche peggio, poteva essere necessaria un’ospedalizzazione e, fra un colpo di tosse e l’altro, cerchi di mantenerti ottimista, ma non è discorso in un paese civile: mentre si cambiano norme in modo compulsivo, si erogano bonus da ogni parte, in 2 anni, non sono stati capace di destinare due risorse per l’assistenza dei malati di covid.

Del covid se ne parla troppo e a sproposito: si pontifica, si ironizza, si tiene nascosto tutto etc…io mi sono sentita il dovere di dire queste cose perché se non viene da chi c’è passato, e magari sa scrivere anche due parole in italiano, denunciare le cose, denunciare il senso di frustrazione, abbandono, rabbia e paura che si prova, questo mix insopportabile di stati d’animo potrebbe essere sperimentato da molte altre persone ancora per parecchio tempo. E non è giusto.

Dice Recalcati che, con il covid, bisogna ormai convivere. Purtroppo gli do ragione, ho sperimentato sulla mia pelle che non esiste un modo sicuro per proteggersi. Ma una cosa è la malattia, una cosa è lo stato, la società, che deve fornire gli strumenti per superare questa mazzata che ti casca addosso”.

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