Alla vigilia di Santa Lucia, mia nonna Concetta accendeva il fuoco nel focolare a legna della casa di Vicolo Gabriella, a San Michele. Faceva molto freddo e il calore dei ceppi accesi riscaldava per ore la cucina.

Il grano era già bello gonfio e pronto per essere cotto. Una foglia di alloro e un pizzico di sale e giù, nell’acqua ancora fredda, scendevano i chicchi di cuccìa nella grande pignata di ferro, pronti a diffondere in tutta la casa e anche fuori, il profumo di quel cibo primitivo, primordiale, che ricordava una carestia e una Santa che proteggeva la vista degli occhi. 

Quella di fare la cuccìa era una tradizione radicata e sentita nelle nostre famiglie. La preparava mia nonna e prima di lei sua madre e prima ancora , la madre della madre. Non si poteva dimenticare, dato che bisognava pensarci tre giorni prima a comprare il grano e a metterlo a bagno, altrimenti non si sarebbe potuto cuocere, I ceci si mettevano a bagno un giorno prima e 24 ore bastavano a farli gonfiare e ammorbidire. La cottura richiedeva molte ore di bollitura con il fuoco moderato. Cuoceva tutta la notte.

Nella mattinata del 13 Dicembre, io uscivo da casa mia e andavo da mia nonna che abitava poco distante e lei mi metteva un pò di cuccia calda calda nel piatto e la condiva con il vino cotto. Quel cibo mi sembrava una cosa divina, anche se era semplice grano con ceci e vino. Il suo sapore non l’ho mai dimenticato. Nel pomeriggio, con la cuccia avanzata, mia madre faceva una specie di torta, sciogliendo dell’amido nel latte zuccherato, il tutto condito con pezzetti di cioccolato e diavolina e cannella.

Come non ho dimenticato la storia di Santa Lucia che una mia vicina di casa, la zza Lilla Costameno, mi raccontava tutti gli anni. La sua Lucia era una ragazza bellissima, ma molto religiosa e devota, che non voleva sposare il figlio dell’uomo più potente di Siracusa. E il suo pretendente respinto, per vendicarsi di lei, la denunciava alle autorità romane come ribelle agli dei e all’Imperatore. Per questo Lucia venne decapitata e le vennero cavati gli occhi perchè lei era “portatrice di luce”. Da allora è diventata protettrice dei ciechi. 

Ai tempi di mia nonna e della zza Lilla Costameno non si parlava di violenza sulle donne, ma a me questo racconto lasciava una grande rabbia in corpo all’idea che si potesse fare tanto male a una ragazza solo perchè non si voleva sposare.

E per farmi passare la collera, davo l’assalto, a cucchiaiate, al piatto della cuccìa con la crema che mia madre aveva lasciato sul tavolo della cucina.

FLAVIA VERDE

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