Con la gentile autorizzazione dell’amico Pippo Graffeo pubblichiamo quanto segue, dedicato alla giornata di domani, 2 Novembre:

“ Vorrei tornare bambino quando la notte di Tutti i Santi andavo a letto impaurito, speranzoso e felice.
Impaurito perché Papà aveva detto che i “mutticeddi” venendo in casa avrebbero potuto darmi una grattatina ai piedi per testimoniare la loro presenza; speranzoso perché ero quasi certo che il mio defunto nonnino “Pa’ Piddu” avrebbe fatto il suo dovere di morto e non avrebbe certamente sfigurato di fronte ai suoi colleghi che condividevano la stessa amara sorte; felice perché l’indomani sarebbe stato il giorno più bello della mia fanciullezza.

Mi rimboccavo bene le lenzuola sperando di evitare la “rascata di peri”, poi chiudevo gli occhi e contavo fino all’ultima pecora del recinto per “quagliare” il più presto possibile.

Manco il tempo di salire il primo gradino del teatro dei sogni che il botto secco ed acuto di una pistola giocattolo mi riportava alla realtà. Aveva sparato il bambino del quartiere che per primo era riuscito ad impossessarsi del tesoro che la nonna gli aveva fatto trovare.

Sentii immediatamente la voce mielosa di mia madre che diceva “curù susiti! I motti vinniru, cerca i giocattoli” E cominciava l’attimo più intenso e sublime della mia esistenza.

Cercai in cucina, nel salone, dietro i due grandi divani: nulla!
Stavo per perdere ogni speranza quando, il colore luccicante di un oggetto attrasse la mia attenzione. Siii!!! U Pa’ Piddu mi voli troppu beni”

Cominciai di fretta a tirar fuori tutto il ben di Dio che era stato nascosto nel sottoscala: la grande “Pupa di Zuccaru”, una cesta di vimini dove, sopra la pagliuzza luccicante erano sistemati gli “scardellini”, l “ossa di motti”, la frutta martorana, ed altri dolci e leccornie di ogni forma e colore. Appena dietro vi erano i giocattoli: un robot che emanava luci e rumori misteriosi, “u motapatti” in legno con i cuscinetti luccicanti” e poi il cappello di cowboy, la cintura e la pistola di Ringo. Anche io potevo uscire felice, correre per le strade, raggiungere i miei compagni di gioco e sparare in aria, fra i vicoli pittoreschi e misteriosi della mia Sciacca.

Questa magica ricorrenza riusciva a sdrammatizzare il concetto di morte. I nostri defunti continuavano a vivere con noi ed il rapporto d’amore con loro non finiva mai.

O CUCATIVI CHI VENNU LI MOTTI, SUNNU JUNTI A LA POTTA PALEMMU. VENNU, VENNU…
Io spero che tornino sempre loro, i nostri “mutticeddi” a grattare i piedi dei bambini e non le orribili, squallide, ZUCCHE che mortificano i sogni e spengono l’ultima fiammella di poesia.

3 pensiero su “‘O CUCATIVI CHI VENNU LI MOTTI, SUNNU JUNTI A LA POTTA PALEMMU. VENNU, VENNU… di Pippo Graffeo”
  1. Bellissimi ricordi 18 nipoti che ci precipitavamo a casa dei nonni a cercare i regali, evento descritto così bene da Pippo Graffeo, grazie

  2. Questi sono ricordi che mi appartengono…..sunnu junti a la porta Palermo perché allora gli abitanti stavano dentro le mura e i morti ” scendevano” dal cimitero .

  3. Ai miei tempi, tanti anni fa, i giocattoli dei Morti si aspettavano e si ricevevano con tantissima felicità, le nostre camerette non erano piene di regali.

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